La lingua Sabauda e i suoi mille anni di civilizzazione letteraria

Sergio Maria Gilardino è nato in una cascina della campagna vercellese, in ambiente piemontofono. Tenacemente attaccato alla propria lingua, si appassiona agli studi linguistici già fin dai primi anni della media. Riceve il diploma di media superiore a San Francisco, in California. Si laurea in lingue germaniche presso l’università L. Bocconi di Milano. Consegue il dottorato di ricerca in lingue romanze ad Harvard, nel Massachusetts. Ha studiato anche a Heidelberg, Monaco e Parigi. È stato per tre decenni docente di lingue e letterature straniere presso l’università McGill, a Montreal. Cittadino canadese, ha lavorato come consulente per i governi del Québec e del Canada per la conservazione delle lingue ancestrali. Ha redatto la versione ufficiale italiana della Costituzione canadese. Richiamato in Italia dalla morìa delle lingue ancestrali, ha diretto i lavori per la compilazione del dizionario enciclopedico della lingua dei Walser e coordina attualmente quelli per il dizionario enciclopedico della lingua provenzale alpina. Ha pubblicato ampliamente sull’importanza della conservazione delle lingue ancestrali.

Perseguendo il suo fine principale, che è la conservazione della memoria del territorio, nel mese di maggio del 2009 GRIMELDA avviava la collaborazione con il Professor Sergio Maria Gilardino con il progetto «Conoscere la lingua piemontese».

La collaborazione ebbe inizio con la serata di lunedì 18 maggio 2009 al teatro civico di Caraglio, dedicata a «La lenga sabaùda e sò mil’ani ’d sivilisassion literaria» [La lingua sabauda ed i suoi mille anni di civiltà letteraria], incentrata sulla riscoperta della lingua piemontese. L’iniziativa è stata accolta con grande interesse dal pubblico locale, che ha affollato il parterre del teatro.

Nel mondo, come ha osservato il relatore, perdiamo una lingua ogni due giorni. Grimelda di certo non potrà mitigare questa incresciosa tendenza, ma – operando nel suo modesto ambito – mira a rivitalizzare la lingua ancestrale, compito cui continuerà tenacemente a dedicarsi.

Caraglio, 18 maggio 2009


I Capolavori della letteratura piemontese

Attraverso i secoli: i capolavori della letteratura piemontese

introdotti e spiegati in lingua piemontese

A travers ij sécoj:

le ciadeuvre dla literatura sabàuda antroduvìe e s-ciarìe an lenga sabàuda

L’associazione culturale «Grimelda» – dedita alla valorizzazione del locale patrimonio culturale, tra cui, in primis, la lingua – mette a disposizione del pubblico una serie di conferenze-colloqui, interamente condotti in lingua piemontese, sui principali autori della letteratura sabauda, dal Settecento al Novecento. Contattato dall’associazione nel 2009, Sergio Maria Gilardino, un comparatista attualmente residente nel territorio dove coordina la squadra che redige il dizionario della lingua provenzale alpina, accettò l’invito di animare la serie di ciaciarade, a condizione che il pubblico locale potesse dialogare con il relatore utilizzando la propria variante di piemontese. L’iniziativa fu bene accolta e proseguì neglianni successivi. L’impostazione di queste introduzioni ai grandi poeti, ballatisti, romanzieri, prosatori e lirici in lingua piemontese è quanto mai informale e tende ad incentivare la conoscenza di questa copiosa produzione letteraria tra il pubblico, utilizzando la stessa lingua nella quale sono stati redatti i capolavori. Sono stati così via via presentati Ignazio Isler, Edoardo Ignazio Calvo, Angelo Brofferio, Luigi Pietracqua, Vittorio Bersezio, Giovanni Toselli, Nino Costa, Pinin Pacòt, Aldredino Nicola, Luigi Olivero, Nino Autelli, Arrigo Frusta, Barba Tòni Bodrìe, Bianca Dorato, insieme a vari altri favolisti, prosatori e verseggiatori. La constatazione che il piemontese sia oramai più parlato solo più in modo residuale, e il fatto ancora più increscioso che né le scuole, né il grande pubblico, siano al corrente di questa vastissima produzione e del ricco corredo di dizionari, grammatiche a sostegno del bon usage di una lingua che già fu veicolo principale di comunicazione a corte, nel commercio e nell’industria, hanno indotto «Grimelda» a divulgare oltre i ristretti limiti del pubblico locale i contenuti di questi colloqui nella speranza di stimolare quanti amano la letteratura e la lingua piemontese ad interessarsi di un’eredità spirituale e artistica di notevolissimo valore.


Caraglio, 12 ottobre 2009


L'ammiccante arte della satira nelle canzoni di Ignazio Isler

ATTRAVERSO I SECOLI :

I CAPOLAVORI DELLA LETTERATURA PIEMONTESE INTRODOTTI E SPIEGATI IN LINGUA PIEMONTESE

A traversi j sécoj: le ciadeuvre dla letteratura sabauda antroduviè e s-ciarìe an lenga sabàuda

Caraglio, 09 novembre 2009

Caraj  lùnes, ël   9  ëd   novèmber   dël 2009

IL Professor Sergio Maria GILARDINO   illustra :

L’AMMICCANTE ARTE DELLA SATIRA NELLE CANZONI DI  IGNAZIO ISLER

L’art ësmicianta dla sàtira ant le canson d’Ignassi Isler

Il padre Ignazio Isler (Torino, 1702-1788) è l’autore di più di 50 canzoni, ciascuna di notevole lunghezza, in cui descrive senza mezzi termini – con tono ironico, ridanciano e tragico al contempo – la plebe della capitale sabauda. Ne esce un quadro d’insieme di straordinaria potenza icastica dove nessun vizio, debolezza, appetito terragno o ridicola ambizione è escluso. Il suo lessico ricchissimo è stato stimolo e modello per tutte le generazioni di poeti che lo hanno seguito, ma la sua forza drammatica e la sua verve rabelaisque rimangono senza paralleli. Famosa la sua canzone Ël testament ëd Giaco Tross, dove il più noto ubriacone della città fa il proprio testamento menzionando tutte le osterie per le quali il corteo funebre deve passare e la sua collocazione definitiva sotto lo zipolo gocciolante di una botte. I volti e i gesti ricordano da vicino i quadri di Albrecht Dürer, le visioni d’insieme quelli del pittore torinese Pietro Domenico Olivero, la diabolica renitenza dei personaggi il notaio Ser Ciappelletto di Giovanni Boccaccio, la farsa e i bisticci tra personaggi opposti l’Opera jocunda di Giovanni Giorgio Alione. Le sue opere (Tutte le canzoni e poesie piemontesi, a cura di Luigi Olivero) sono edite da Andrea Viglongo e C., Torino, 1968.


Pinin Pacot e la bella scuola dij beande'

ATTRAVERSO I SECOLI :

I CAPOLAVORI DELLA LETTERATURA PIEMONTESE INTRODOTTI E SPIEGATI IN LINGUA PIEMONTESE

A traversi j sécoj: le ciadeuvre dla letteratura sabauda antroduviè e s-ciarìe an lenga sabàuda

Caraglio, lunedì 07 dicembre 2009

Caraj , lùnes  ël  07 dë  dzèmber  dël 2009

Il Professor  Sergio Maria GILARDINO  illustra:

MAESTRO DI POETICA,  DI PROSA , DI LIRICA:   PININ PACOT   E  LA BELLA       SCUOLA  DIJ BRANDE’

Magìster   ëd   poética, ëd pròsa, ëd lìrica :Pinin Pacòt  e  la   Companìa  dij  Brandé.

Pinin Pacòt (Giuseppe Pacotto, 1899-1964) è il più raffinato, squisito, ispirato lirico de La bela scòla dij Brandé, l’associazione di giovani poeti da lui stesso fondata e motivata nel 1927. Autore di notevolissimi scritti, in piemontese, apparsi nell’omonima rivista Ij Brandé, sostiene l’ideale di una poesia così universale, curata, arricchita di vocaboli d’estrazione diacronica e diatopica, che trascenda gli angusti confini del vecchio dialetto per fare di sé stessa e della lingua che la veicola un’opera d’arte imperitura. Vi perviene con poesie come Crosiere, Mòrt mia bianca seure, ma gli riesce altresì di far sorgere attorno a sé, ad immagine e soglianza di quanto – anni prima – Frederi Mistral aveva fatto a Maillane con i suoi Felibrige, tutta una scuola di giovani poeti e prosatori che, pienamente consci ed avvisati dei nuovi ideali poetici e della stretta disciplina linguistica cui si devono sottoporre come premessa al buon poetare, produrrà opere di notevolissimo valore. Pacòt stesso non desisterà mai dal comporre in uno stile rarefatto e trascelto, che conserva la sua vocazione oltremontana anche là dove, di rado, indulge a trattare dei vecchi e della sua terra d’origine. La rinata lirica piemontese lo riconosce, senza esitazioni, maestro d’arte e teorico lucidissimo del poetare grande in lingua piccola.


La poesia rivoluzionaria e le favole di Edoardo Ignazio Calvo

ATTRAVERSO I SECOLI :

I CAPOLAVORI DELLA LETTERATURA PIEMONTESE INTRODOTTI E SPIEGATI IN LINGUA PIEMONTESE

A traversi j sécoj: le ciadeuvre dla letteratura sabauda antroduviè e s-ciarìe an lenga sabàuda

Caraglio, lunedì 11 gennaio 2010

Caraj ,  lùnes  l’11 ëd gëné  dël  2010

Il Professor  Sergio Maria GILARDINO  illustra:

AUDACIA, SACRIFICIO,  RIVOLTA  E  RICERCA DI LIBERTA’:

LA POESIA RIVOLUZIONARIA E LE FAVOLE DI EDOARDO IGNAZIO CALVO

Ardiman,  sacrifissi,  arvira  e  arserca ‘d libertà: la poesìa   rivolussionaria  e  le  fàule d’Edoard Ignassi Calvo

Il giovane medico torinese Edoardo Ignazio Calvo (1773-1804) s’infiamma ben presto degli ideali della rivoluzione francese, dai quali non devia neppure dopo l’occupazione e gli spaventosi soprusi di cui impunemente si macchiano le truppe francesi in Piemonte. In un primo tempo scrive poesie inneggianti alla libertà e alla soppressione dei nobili (Ça ira dij piemontèis), fornendo un esempio unico di poesia ferocemente rivoluzionaria nell’apatico contesto della letteratura coetanea in lingua italiana. A queste fanno seguito le sue famose fàule moraj, le favole morali, con cui – prendendo a modello il popolarissimo modello delle favole con il bestiario – lancia frecciate micidiali ai potenti dominatori stranieri. La sua opera più lunga è costituita dalle Folìe religiose, una lunghissima composizione in cui frusta, dileggia e smaschera tutte le superstizioni religiose di cui vanno vittima le masse indotte. Più volte condannato e fuggito in esilio, muore di tifo nel curare eroicamente i suoi pazienti nell’ospedale dei poveri a Torino, affetti dalla stessa malattia contagiosa. Calvo, mancato all’età di 31 anni, è stato l’intelletto e la felicissima penna poetica che ci ha portati più vicini alla grande letteratura europea, alla quale avrebbe certo donato ben altre opere ancora se la morte non ce l’avesse carpito così prematuramente.


Una vita per la poesia, la vita come poesia: Luigi Olivero

ATTRAVERSO I SECOLI :

I CAPOLAVORI DELLA LETTERATURA PIEMONTESE INTRODOTTI E SPIEGATI IN LINGUA PIEMONTESE

A traversi j sécoj: le ciadeuvre dla letteratura sabauda antroduviè e s-ciarìe an lenga sabàuda

Caraglio, lunedì 8 febbraio  2010

Caraj ,  lùnes  l’8 ëd fërvé  dël  2010

Il Professor  Sergio Maria GILARDINO  illustra:

UNA VITA PER LA POESIA , LA VITA COME POESIA:   LUIGI OLIVERO,

OVVERO LA SORGENTE INESAURIBILE DELL’AFFASCINANTE SCUOLA DIJ BRANDE’

Na vita për la poesia , la vita cmè poesìa :  Luis Olivero,

ó sia la surziss poética sensa fin ëd l’anciarmanta scòla dij Brandé

Luigi Armando Olivero (1909-1906)

Geniale e litigioso, soave e irrequieto, radicato nell’antichità della sua terra e novatore di tutte le avanguardie, Luigi Armando Olivero è stato il più prolifico (più di seicento composizioni poetiche), il più novatore dei giovani poeti della generazione de Ij Brandé, colui che portò ai limiti estremi il motto della scuola di Pinin Pacòt: poesia grande in lingua piccola. Giornalista in guerra e in pace, con una panoplia lessicale in italiano e in varie lingue europee, pubblicò romanzi che ebbero diffusione mondiale, tradotti in varie lingue, con tirature di 900.000 copie. Ma la sua opera principale rimane la poesia, esclusivamente concepita e redatta nel più svariato, ricco, arricchito piemontese mai usato da poeta passato o presente. Basato su un lungo e approfondito studio dei documenti storici (curò l’edizione integrale delle opere di Ignazio Isler), il suo linguaggio aggrega parole tratte dal passato, ma anche dal magrebino, dal francese, dal tedesco, dallo spagnolo, dall’inglese, commiste a parole di varie parti del Piemonte, per giungere a quel lessico massimo di cui necessitava la sua verve poetica inesauribile. Compose le prime poesie a 15 anni e non cessò di comporne fino all’anno della sua morte. Commiste a rime di circostanza (o anche di inerzia) vi sono liriche di altissimo valore poetico, con una padronanza delle rime e dei metri che raggiunge il viruosismo. Le sue opere, sparse in varie riviste e in tre volumi, sono state raccolte dal ricercatore Giovanni Delfino e sono ora in buona parte disponibili sull’omonimo sito dedicato a Olivero. È tra i più grandi maestri che la letteratura in piemontese abbia mai avuto.


Torino che leggeva, piemonte che ascoltava

ATTRAVERSO I SECOLI :

I CAPOLAVORI DELLA LETTERATURA PIEMONTESE INTRODOTTI E SPIEGATI IN LINGUA PIEMONTESE

A traversi j sécoj: le ciadeuvre dla letteratura sabauda antroduviè e s-ciarìe an lenga sabàuda

Caraglio, lunedì 8 marzo  2010

Caraj ,  lùnes  l’8 ëd mars dël  2010

Il Professor  Sergio Maria GILARDINO  illustra:

PROSE DI TEATRO,  DI RACCONTI E DI  ROMANZI: TORINO CHE LEGGEVA,

PIEMONTE CHE ASCOLTAVA.

LE PIU’ BELLE PROSE DELLA LETTERATURA PIEMONTESE

Pròse ‘d teàter,  ëd conte e ‘d romans. Turin ch’a lesiva,

Piemont ch’a scotava.

Le  pì anciarmante pròse dla literatura piemontèisa


La poesia di Nino Costa

ATTRAVERSO I SECOLI :

I CAPOLAVORI DELLA LETTERATURA PIEMONTESE INTRODOTTI E SPIEGATI IN LINGUA PIEMONTESE

A traversi j sécoj: le ciadeuvre dla letteratura sabauda antroduviè e s-ciarìe an lenga sabàuda

Caraglio, lunedì 12 aprile  2010

Caraj ,  lùnes  ël 12 d’avril  dël  2010

Il Professor  Sergio Maria GILARDINO  illustra:

QUANDO IL PIEMONTE AVEVA UNA VOCE: LA POESIA DI NINO COSTA

Candi ch’ël Piemont a l’avìa na vos: la poesìa ‘d Nino Còsta

Di Nino Costa (Torino, 1886 – ivi, 1945) si può affermare quello che è proprio di soli pochissimi poeti, come Gioachino Belli, Carlo Porta, Angelo Brofferio e Salvatore Di Giacomo, ciascuno dei quali fu – per la popolarità dei propri versi e per l’audacia contenutistica – la vox populi della propria generazione e della propria città: Settecento, Ottocento, Novecento a Roma, Milano, Torino, Napoli. Sensibilissimo alle crasse ingiustizie e al brutale sfruttamento delle classi inferiori, il popolo fa immediatamente proprie le parole, i versi, le rime di chi non solo dimostra di capirne perfettamente il sentire e le aspirazioni, ma sa anche dare loro voce chiara e coraggiosa, aggiungendovi ironia e farsa, fino a fare di chi detiene il potere lo zimbello dell’ultima canzone uscita dalla magistrale penna di questi poeti dalla felice e universale inventiva. Costa, che debuttò anonimamente (sotto lo pseudonimo di Mamina) con le poesie di una povera ragazza madre, pubblicandole su ’L Birichin (fino alla sua chiusura nel 1927), continuò poi con le raccolte Sal e Pèiver, Brassabòsch, fino ai volumi Fruta madura, Ròba nòstra e Tempesta, ricolmi di autentici capolavori lirici, scorci di Torino massacrata dai bombardamenti, fino all’ultima, toccante, fortissima lirica (Sla montagna dla Ruà) per la morte del figlio Mario, eroe della Resistenza. Costa è il grande bacino in cui confluiscono le migliori tradizioni poetiche del secondo Ottocento e del primo Novecento e da cui emanano le correnti innovative che conducono alla fioritura lirica de’ Ij Brandé. Modesto, appartatissimo, non aderì a quest’ultimo movimento, ma lo precedette in molte composizioni. In lui e nei suoi versi si riconobbe un’intera generazione di torinesi e amarono la poesia anche quelle classi sociali che in altre lingue non ne avrebbero mai nascosti brandelli nella propria mente e nel proprio cuore.